
Anno | 2025 |
Genere | Drammatico, Thriller |
Produzione | USA |
Regia di | Lesli Linka Glatter |
Attori | Robert De Niro, Jesse Plemons, Lizzy Caplan, Angela Bassett, Connie Britton Joan Allen, Matthew Modine, Mozhan Marnò, McKinley Belcher III, Cuyle Carvin, Dan Stevens, Bill Camp, Jay Klaitz, Mike McGowan, Gaby Hoffmann, Clark Gregg, Ryan Spahn, Ignacio Diaz-Silverio, Fredric Lehne, Mark Ivanir, Walker Hare, Will Vought, Jorge Luna, Stass Klassen, Glenn Speers, Chip Carriere, Geoffrey Cantor, Johnath Davis, Eric Parkinson, Julian De Niro, Kevin Thoms, Teren Carter, Marinko Radakovic, Lyman Chen, Tia Dionne Hodge, Ethan Herschenfeld, Joseph Adams, Craig Geraghty, Dino Castelli, David Carl, Sarah Elizabeth Dell. |
MYmonetro | Valutazione: 2,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 24 febbraio 2025
Una miniserie con un cast semplicemente straordinario e una trama ad orologeria. Al centro un terrificante attacco informatico che colpisce simultaneamente di portata globale.
CONSIGLIATO NÌ
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Un devastante cyberattacco paralizza gli Stati Uniti per un intero minuto: tutti gli strumenti informatici ed elettronici subiscono un blackout, causando caos e migliaia di vittime. L'ex presidente George Mullen (Robert De Niro) viene richiamato dalla presidente in carica Evelyn Mitchell (Angela Bassett) per guidare la Commissione d'indagine sull'accaduto. Oltre al compito di identificare i colpevoli dell'attacco, Mullen dovrà prevenire ulteriori catastrofi. Ma mentre il governo intensifica le proprie misure di sicurezza e restringe le libertà civili, la nazione sprofonda in una spirale di sospetti, teorie del complotto e polarizzazione politica, che mina innanzitutto la percezione della cittadinanza delle capacità psichiche dell'ex presidente, anziano e forse non più del tutto in grado di gestire una simile crisi nazionale.
L'attesissima Zero Day di Netflix propone un cast stellare, che include Lizzy Caplan nei panni della figlia dell'ex presidente degli Stati Uniti d'America, Jesse Plemons come suo ambiguo consigliere e Joan Allen nel ruolo della moglie Sheila.
Un cast che si accompagna all'elevatissima competenza di Lesli Linka Glatter alla regia, nota per aver lavorato ad alcune delle serie più importanti dell'ultima golden age della serialità televisiva, da Twin Peaks a E.R., fino a Dr. House, True Blood e Mad Men - per quest'ultima vincendo anche un Directors Guild of America Award. La serie si contraddistingue da subito per una notevole profondità emotiva e, ovviamente, per l'elevata capacità recitativa degli attori, che però non basta a compensare alcune scelte narrative poco equilibrate.
Gli anni 2020 sono caratterizzati, dal punto di vista delle narrazioni seriali, dalla labilità del confine tra finzione e realtà, figlie di una imponente esplorazione della distopia (da Black Mirror a The Handmaid's Tale) che ha caratterizzato soprattutto il decennio precedente, e coeve a narrazioni true crime che ridefiniscono il rapporto tra racconto e realtà (The Dropout, Dr. Death, Dahmer, Qui non è Hollywood).
Zero Day incarna perfettamente questa tendenza, con una trama che affonda le radici nelle paure collettive dell'era digitale, e proponendo un thriller politico intriso di paranoia, tensione e riflessioni sulla vulnerabilità del mondo moderno. Se da un lato Zero Day riesce a costruire un'atmosfera carica di tensione, dall'altro il suo sviluppo soffre di alcune debolezze strutturali: il ritmo è incalzante, ma talvolta si ha l'impressione che la serie voglia condensare troppi elementi in appena sei episodi, con il risultato di sacrificare alcune sottotrame e personaggi. Ne deriva una miniserie che, vuoi anche per la presenza di un massiccio e talvolta ingombrante Robert De Niro, appare più come un lungo film che si intrattiene in momenti di sospensione tipici del racconto seriale. La sceneggiatura, pur affrontando temi attuali come la sicurezza informatica, la manipolazione dell'informazione e l'instabilità politica, spesso scivola nel prevedibile o nel sensazionalismo.
Il personaggio di Mullen viene rappresentato come una figura al contempo carismatica e fragile, con un passato segnato dal dolore e dal sacrificio, ma la sua caratterizzazione è offuscata dall'ambiguità sulla sua salute mentale: il sospetto che soffra di demenza o che sia vittima di un'operazione di manipolazione mentale è un elemento interessante, soprattutto per l'affinità con le discussioni sulla salute mentale dell'ex presidente degli Stati Uniti Joe Biden.
Questo parallelo tra realtà e finzione non è casuale: la serie sfrutta consapevolmente il dibattito pubblico attorno all'età e alla lucidità dei leader politici contemporanei per costruire la figura di Mullen come un uomo che, nonostante il suo passato da leader rispettato, si trova al centro di dubbi e sospetti. Proprio come Biden, anche Mullen si muove in un contesto in cui la percezione della sua capacità di governare è spesso più importante della sua reale competenza. La serie amplifica questa tensione mostrandoci un mondo in cui la paura e l'instabilità politica trasformano la fiducia pubblica in un'arma a doppio taglio, in grado di distruggere persino i leader più esperti, amplificando questo parallelismo, e garantendo il rapporto tra realtà e finzione attraverso il conflitto tra Mullen e sua figlia Alexandra, esponente del partito democratico e in aperta opposizione alle scelte del padre.
La serie tratteggia un'America in cui la fiducia nelle istituzioni è a un minimo storico, le fake news si diffondono senza controllo e il sospetto reciproco è all'ordine del giorno. Le ripercussioni dell'attacco informatico si estendono alla società nel suo complesso, con personaggi che incarnano diverse sfaccettature di un paese diviso tra paura e controllo. Malgrado questa interessante rilettura della nostra contemporaneità, Zero Day non riesce sempre a bilanciare la critica politica con le necessità di una narrazione avvincente. Il problema maggiore risiede nel ritmo del racconto, con alcune situazioni che appaiono forzate e la volontà di mantenere una certa ambiguità su chi siano i veri responsabili dell'attacco, che finisce per togliere mordente al finale.
L'indagine procede tra false piste e colpi di scena ben congegnati, ma manca di una vera e propria rivelazione: tutto appare già rivelato dopo aver superato i dubbi sulle capacità cognitive del protagonista. L'happy ending agrodolce non rende giustizia alla tensione accumulata nei primi episodi, caratterizzando i personaggi in buoni e cattivi e restituendo alle istituzioni governative estremamente criticate ab origine, una glorificazione, con tanto di corno francese come colonna sonora, che appare immotivata e immeritata. Una sensazione che risulta inoltre amplificata perché "il buon presidente" è nientepopodimeno che Robert De Niro.
Zero Day offre uno sguardo inquietante su un presente poco futuribile; i presidenti raccontati nella miniserie non trovano dei validi referenti nella realtà e, al contempo, la visione apocalittica di una tecnologia, tanto arma quanto minaccia, non tiene conto dei suoi benefici attuali. L'efficace regia di Linka Glatter, il cast di prim'ordine e la capacità di evocare un senso di angoscia collettiva la rendono una visione interessante, ma le incoerenze nella sceneggiatura e la gestione discontinua dei personaggi ne limitano l'impatto e soprattutto minano proprio quella mescolanza tra finzione e realtà che si cerca di rincorrere con strumenti che appartengono a stagioni, media e forme del racconto passate.
Rimane comunque un prodotto interessante per il suo tentativo di raccontare la realtà attraverso una narrazione che se ne distanzia, e per le incommensurabili doti del nostro Robert De Niro, che regge sulle spalle un personaggio costruito più come simbolo che come individuo a tutto tondo.