
Titolo originale | Rasho-mon |
Anno | 1950 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Giappone |
Durata | 88 minuti |
Regia di | Akira Kurosawa |
Attori | Toshirô Mifune, Machiko Kyô, Masayuki Mori, Takashi Shimura, Minoru Chiaki Kichijiro Ueda, Fumiko Honma, Daisuke Katô. |
Tag | Da vedere 1950 |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 4,27 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 7 febbraio 2023
Nel Giappone medievale, un samurai attraversa un bosco con la moglie avvolta da un ampio velo per recarsi a un tempio. La donna attrae sessualmente un fuorilegge, che li osserva passare. Questi violenta la donna e uccide il marito. Il film ha ottenuto 2 candidature e vinto un premio ai Premi Oscar, Il film è stato premiato al Festival di Venezia, In Italia al Box Office Rashômon ha incassato nelle prime 3 settimane di programmazione 2,3 mila euro e 2,1 mila euro nel primo weekend.
ASSOLUTAMENTE SÌ
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Kyoto, periodo Heian. Un boscaiolo, un monaco e un vagabondo si interrogano su una vicenda, l'assassinio di un samurai e lo stupro di sua moglie per mano del bandito Tajômaru, che li ha coinvolti come testimoni. Mentre si susseguono le dichiarazioni dei protagonisti davanti a un tribunale sulla loro versione dei fatti, la verità anziché emergere sembra vieppiù allontanarsi.
In un Giappone ancora dilaniato dai lasciti del dopoguerra, Kurosawa Akira ritorna a un'altra epoca di morte e sofferenza, quel periodo Heian in cui di fronte alla porta del tempio di Rashô non scorrevano che sangue, violenza e frode. Prendendo spunto dai racconti di Ryûnosuke Akutagawa, Kurosawa riflette sulla natura dell'uomo e sulla sua inclinazione alla menzogna, guidata da un esasperato spirito di autoconservazione. A contare non è mai il senso di verità o di giustizia, ma la salvaguardia del proprio tornaconto e di un miserrimo particulare, tale da portare - è il caso del personaggio del samurai - a mentire anche post mortem pur di difendere il proprio onore.
Ma se questo è già l'apologo originario di Akutagawa, risultato della messa in scena di tre versioni - tutte discordanti e tutte false - della stessa storia, Kurosawa vi aggiunge una nuova valenza, in cui la riflessione si estende a un'ulteriore menzogna, quella dell'immagine e del cinema come suo strumento principe. Le versioni dell'assassinio non si limitano ad essere raccontate dai personaggi, infatti, ma sono offerte alla visione del pubblico come se si trattasse di realtà oggettiva e indiscutibile; ciò che si vede dovrebbe tradursi in ciò che è, anziché rivelarsi mutevole nei contenuti e nello stile.
Grazie alla recitazione espressionista e sovraccarica di Mifune Toshirô e degli altri protagonisti, emerge con la dovuta forza il divario tra l'idealizzazione figlia del racconto e il crudo squallore di una realtà caotica e fallace, in cui sono paura,ansia e goffe emozioni fuori controllo a governare istinti e dinamiche interpersonali. Il Leone d'oro assegnato a Rashômon nel 1951 apre all'Occidente il mondo del cinema giapponese.
Nel Giappone medievale, un samurai attraversa un bosco con la moglie avvolta da un ampio velo per recarsi a un tempio. La donna attrae sessualmente un fuorilegge, che li osserva passare. Questi violenta la donna e uccide il marito. La versione dei fatti viene raccontata in modo diverso dal bandito, dalla donna, dallo spirito dell'uomo ucciso, che parla per bocca di una medium, da un vagabondo che ha assistito, non visto, alla scena. Qual è la verità? Film decisivo per la storia del cinema. Arrivò sconosciuto a Venezia e divenne subito leggenda. Aprì la via al cinema d'oriente fino a quel momento pressochè ignorato. E fece conoscere uno dei massimi maestri di ogni tempo.